La pittura fantastica ha con sé qualcosa d’idealizzabile a iniziare dal ritorno al sociale dell’arte come per il passato nel denunciare i misfatti della società contemporanea. Sembrerebbe l’utopia se non fosse il risultato dell’incontro con l’arte di Roberto Russo. Una pittura che inverte quanto va in retroguardia nell’arte, e lo è fin dall’essere figurativa, che con il nostro artista diventa un nuovo genere come per il paesaggio, il ritratto o altro, in una corrente artistica che cerca e trova in questi ultimi anni la direzione. Non solo. Chiede di essere capita nel dare strumenti per comprendere la realtà, con immagini forti cui non si può restare indifferenti, perché l’apparente giocosità nasconde il nostro tempo con le sue paure.
Roberto Russo - studio d'arteUn ruolo che Roberto Russo esprime e rappresenta nell’epoca del postmodernismo, genesi di creatività in corso d’opera ma dedite al mercato più che a essere parte in un presente in cui si annoverano più crisi che possibilità di risolvere i problemi del nostro tempo. Resta la cronaca a consegnarci malesseri e mancanza di valori cui Russo in controtendenza dà eco con la sua cultura, con il suo estro colorato, come iniziatore del “fantasy metropolitano”: un modo per raccontare sulla tela come a scrivere sulla carta, in un linguaggio universale che prende spunto proprio dalla letteratura e dal cinema, cui si è approcciato in anni giovanili, come nei suoi ultimi lavori dove usa scenari teatrali e riflettori che manovra come se fosse un operatore di ripresa, nello stile della cinematografia con scene da imprimere su una pellicola.
È nell’immaginario di figure reali nella meraviglia del paradosso, innovative, che Roberto Russo fonde la vita quotidiana con il tangibile di evidenze che in quanto tali tendono a significare i problemi dei grandi centri urbani, dalla metropoli al suburbano e al periferico, per territori caratterizzati da degrado edilizio e sociale, fino a essere surreale proprio per marcare il vero. Quasi nella mimesis aristotelica, perseguendo ambiti stilistici e documentari. E c’invita a riflettere mettendo in luce aspetti senza complessità ma nella semplicità del disegno che s’ispira anche a un’ironia che a volte fa anche sorridere. Sicuramente proveniente dalla leggerezza mediterranea, dalla sua geografia esistenziale che parte dalla Calabria per arrivare a Roma e poi fermarsi a Bologna, senza dimenticare i colori accesi della sua terra d’origine in una tavolozza in cui prevalgono i colori primari come il rosso di un tramonto, il giallo di fiori al vento o l’azzurro della costa jonica… e non avere più confini.

Ora Roberto Russo svela la verità e fa appello all’inconscio come per il poeta che canta la speranza, attraverso la consapevolezza che non è impossibile modificare le sorti della società, parafrasando Klee nel dire che “l’arte non riproduce il visibile, piuttosto rende visibili forze che non lo sono”. E dipinge mondi in cui poter rifugiarsi per poi uscirne vittoriosi e dare un senso alla vita, magari a suon di musica oppure cantando e ballando, o in un paesaggio idilliaco con la luna che elabora miti con le stelle a parlare di armonia. In una sensibilità alfine romantica che trova nella sua maturità artistica il fulcro nell’ossimoro di una visionarietà pragmatica, materiale, proprio perché in contrapposizione nella ragione, in impatti visivi idealizzati, in pitture molto animate dal contenuto simbolico, sintesi d’ingegno e immaginazione, in cicli inventati dalla sua fertile fantasia, a volte onirica ma mai lontana dall’ idea di collettività di tipo illuministico, nella dicotomia dell’irrazionale nel razionale che cerca nello stile il paradosso della forma: “e che la mente nostra”, come per Dante, “pellegrina più della carne, / e men da pensiero presa, / alle sue vision quasi è vicina”.

Andrea Barretta
(Scrittore e critico d’Arte)

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